La legge di riforma del condominio ha attribuito all'assemblea dei condomini la facoltà di nominare “un revisore condominiale che verifichi la contabilità del condominio”, anche per più annualità specificamente indicate.
La nuova figura è prevista dall'art. 1130-bis c.c., introdotto dalla legge n. 220/2012 per disciplinare in maniera specifica e chiara la contabilità condominiale colmando una lacuna legislativa in materia. Lo scopo perseguito è quello di tutelare i condomini sia in termini di trasparenza e correttezza dei bilanci, sia anche in termini di maggiore coinvolgimento nella verifica dei conti condominiali.
Per la verità non si tratta di una novità assoluta, dal momento che anche prima della riforma, pur in assenza di norme specifiche, era comunque possibile nominare un revisore. Altro aspetto importante da considerare è che il legislatore non ha imposto alcun obbligo: la nomina del revisore rimane una mera facoltà che, peraltro, l'assemblea può esercitare in maniera piuttosto discrezionale.
Infatti, la nomina non deve necessariamente presupporre il dubbio di qualche irregolarità contabile: la motivazione può essere di qualsiasi natura, anche una semplice verifica della gestione.
È chiaro che dai motivi che sono alla base della revisione dipenderà anche l'ampiezza e l'oggetto della stessa.
Il legislatore si è limitato a prevedere la nuova figura del revisore condominiale senza tuttavia chiarire chi possa svolgere l'incarico e quali requisiti debba possedere. In attesa di un auspicabile intervento legislativo o regolamentare che definisca meglio la materia, quella del revisore condominiale rimane, ad oggi, un'attività non regolamentata, con tutti i dubbi interpretativi che ne conseguono.
Allo stato attuale chiunque può svolgere il ruolo di revisore condominiale: gli unici requisiti richiesti sono quelli generali della maggiore età e della capacità giuridica. Tuttavia, la complessità dell'incarico esigerebbe invece di affidarsi sempre ad un professionista in possesso delle necessarie competenze, anche in considerazione della nuova disciplina del rendiconto condominiale introdotta proprio dalla riforma.
Da questa angolazione prospettica, le figure più adatte ad assumere l'incarico sembrano essere l'amministratore di condominio professionista, il commercialista, il revisore legale o esperto di contabilità, i professionisti iscritti all'albo dei periti ed esperti o all'albo dei consulenti tecnici d'ufficio dei tribunali o anche l'avvocato con specifiche competenze.
Il pericolo di affidare una revisione condominiale ad un soggetto privo di adeguata preparazione è quello di ottenere un verifica contabile errata, a sua volta oggetto di contestazioni e fonte di ulteriore confusione.
È valida la revisione fatta da un semplice condomino? Ad oggi, la revisione effettuata da un condomino privo di particolari abilitazioni ed approvata dall'assemblea è certamente valida.
Tuttavia, se alla base della revisione contabile vi è la necessità di verificare, ad esempio, eventuali sottrazioni indebite di denaro da parte dell'amministratore o altre circostanze che possono essere oggetto di futuro contenzioso, è sempre opportuno affidare l'incarico ad professionista, affinché la revisione possa essere munita del valore peritale di una vera e propria consulenza tecnica da esibire in giudizio.
Quali sono i compiti del revisore condominiale? Oltre ai requisiti, l'art. 1130-bis c.c. rimane piuttosto vago anche riguardo all'attività oggetto della revisione. L'utilizzo del verbo “verificare” offre peraltro un parametro di quelle che possono essere le funzioni del revisore e le finalità della consulenza.
Il revisore deve essenzialmente verificare la contabilità. Tale verifica può avere limiti diversi a seconda della condizione in cui il revisore si trova di volta in volta ad operare.
Ad esempio, se si tratta di verificare contabilità già presentate in assemblea e da questa approvate, il revisore deve limitarsi ad una analisi di fondatezza e congruità, senza entrare nel merito delle scelte adottate, ad esempio, in ordine ai criteri di ripartizione delle spese, anche se errati.
Se, invece, la verifica riguarda annualità prive di bilancio, perché mai presentato o mai approvato, allora la verifica del revisore può spingersi anche all'accertamento in termini di legittimità, verificando la correttezza dei criteri di ripartizione delle spese, anche alla luce del regolamento e delle tabelle millesimali.
Funzione e limiti del revisore condominiale
Quali sono le funzioni del revisore condominiale? L'art. 1130-bis c.c. non fornisce indicazioni precise su questo aspetto, pure molto importante, limitandosi a stabilire che l'assemblea può “in qualsiasi momento o per più annualità specificamente identificate, nominare un revisore che verifichi la contabilità del condominio”.
Il verbo “verificare” può offrire un criterio per delimitare quelle che sono le funzioni del revisore e le finalità della consulenza. Il revisore deve essenzialmente verificare la contabilità (non necessariamente rifarla ex novo). E tale verifica può avere limiti diversi a seconda della condizione in cui il revisore si trova di volta in volta ad operare.
Ad esempio, se si tratta di verificare contabilità già presentate in assemblea e da questa approvate, il revisore deve limitarsi ad una analisi di fondatezza e congruità, senza entrare nel merito delle scelte adottate, ad esempio, in ordine ai criteri di ripartizione delle spese, anche se errati.
Se, invece, la verifica riguarda annualità prive di bilancio, perché mai presentato o mai approvato, allora la verifica del revisore può spingersi anche all'accertamento in termini di legittimità, verificando la correttezza dei criteri di ripartizione delle spese, anche alla luce del regolamento e delle tabelle millesimali.
In linea di principio, deve ritenersi che il revisore condominiale non può essere nominato con lo scopo di rimettere in discussione i criteri di ripartizione (anche se sbagliati) adottati nei bilanci consuntivi già approvati dall'assemblea.
Infatti, eventuali vizi nell'attribuzione dei criteri di ripartizione delle quote condominiali vanno contestati davanti al Giudice impugnando le relative deliberazioni davanti entro il termine perentorio di 30 giorni stabilito dall'art. 1137 c.c. Decorso tale termine, la deliberazione non è più impugnabile.
La contestazione dei criteri di ripartizione a distanza di tempo, mediante la nomina di un revisore, potrebbe dunque costituire uno strumento per eludere, di fatto, il termine perentorio stabilito dal citato art. 1137 c.c.
A titolo esemplificativo, l'attività del revisore può riguardare:
a) La predisposizione del rendiconto consultivo nell'ipotesi in cui questo non sia stato ancora formato (ad esempio, nel caso in cui l'amministratore uscente non lo abbia redatto);
b) La verifica della contabilità in caso di rendiconto redatto ma non approvato;
c) La verifica della contabilità nell'ipotesi di un rendiconto redatto e approvato, dal quale, solo successivamente alla scadenza del termine di cui all'art. 1137, comma 2, c.c., emergano criticità nella gestione del patrimonio comune (ad esempio, ammanchi di cassa, spese urgenti non ratificate, asserite anticipazioni da parte dell'amministratore, ecc.).
Nelle prime due ipotesi, l'attività del revisore è finalizzata a consentire al condominio di munirsi del rendiconto da esaminare e, eventualmente, approvare, per la corretta prosecuzione della gestione contabile.
In questa prospettiva, il revisore, oltre alle verifiche contabili secondo criteri di congruità e fondatezza, dovrà necessariamente entrare anche nel merito, adottando i corretti criteri di ripartizione e, eventualmente, eliminando vizi e/o errori compiuti in passato (valutazione di legittimità).
In presenza di bilanci già approvati e non contestati nei termini di legge, invece,il revisore dovrebbe limitarsi a verificare la congruità e la fondatezza dei conti senza entrare nel merito delle modalità seguite e senza rimettere in discussione i criteri di ripartizione adottati che, seppur errati, non sono stati contestati nel termine perentorio previsto dall'art. 1137 c.c.
In senso contrario, peraltro, alcuni commentatori osservano che, nel caso da ultimo considerato, l'attività del revisore non può che essere tesa ad ottenere il risarcimento del danno arrecato dall'amministratore al condominio attraverso un operato non conforme alla legge.
In tal caso, a nulla rileva il fatto che la delibera di approvazione del rendiconto consultivo non sia stata impugnata entro i termini di legge.
Il legislatore, stabilendo che il revisore possa verificare la contabilità afferente ad annualità specificamente identificate – dunque, anche risalenti nel tempo – sembrerebbe aver implicitamente sancito, limitatamente all'argomento in esame, l'abrogazione del divieto di impugnare le delibere di approvazione del rendiconto consultivo oltre il termine perentorio di 30 giorni.
Diverso il discorso qualora la revisione venga disposta dall'autorità giudiziaria nell'ambito di una consulenza tecnica d'ufficio.
In tal caso il consulente dove porre in essere tutte le attività necessarie per dare riscontro ai quesiti formulati dal giudice. Si tratta di una fattispecie diversa da quella presa in esame dall'art. 1130-bis c.c., per quanto anche l'attività del revisore nominato dall'assemblea ben può essere prodotta in sede processuale.
Un aspetto, questo, che rende ancor più opportuno affidare l'incarico della revisione condominiale a un professionista, affinché l'attività di controllo possa essere “certificata” ed avere una valenza probatoria anche in sede processuale
Nomina del revisore condominiale e poteri dell'assemblea
L'assemblea può disporre la verifica dei conti condominiali e nominare un revisore in qualsiasi momento, anche con riferimento a più esercizi finanziari.
Così dispone il nuovo art. 1130-bis c.c. che, peraltro, non impone alcuna condizione alla mera facoltà (non obbligo) dell'assemblea di nominare un revisore. Pertanto, la scelta di deliberare la revisione dei bilanci non deve necessariamente presupporre il dubbio di qualche irregolarità contabile.
La motivazione può essere di qualsiasi natura, anche una semplice verifica, non dovendo essere indicate motivazioni e/o giustificazioni specifiche.
Alcune delle ipotesi in cui può risultare particolarmente utile procedere alla revisione contabile possono essere le seguenti:
a) Nel caso di nomina del nuovo amministratore senza l'approvazione del bilancio consultivo per la gestione uscente, perché mai presentato o non approvato. In questo caso la nomina del revisore è necessaria perché si possa redigere la contabilità sull'esercizio finanziario precedente, anche per consentire all'amministratore entrante un adeguato allineamento contabile;
b) Nel caso di errori o incongruità anche con riferimento a bilanci già approvati;
c) Nel caso di necessità di procedere ad una verifica contabile allo scopo di accertare eventuali ammanchi dovuti ad appropriazioni indebite da parte dell'amministratore, infondatezze o incongruità.
Nel momento in cui delibera di sottoporre a revisione la rendicontazione condominiale, l'assemblea dei condomini deve necessariamente specificare le annualità oggetto di controllo.
Con il termine “annualità” s'intende un esercizio finanziario della gestione condominiale di 12 mesi che, di regola, coincide con l'anno solare (1 gennaio – 31 dicembre), ma può anche ricomprendere un periodo diverso (ad esempio, la data di inizio e fine dell'incarico dell'amministratore).
Da un punto di vista puramente formale è abbastanza semplice definire l'arco temporale che dovrà essere revisionato. I problemi si pongono da un punto di vista pratico, atteso che è piuttosto frequente riscontrare irregolarità che vanno oltre l'annualità oggetto di indagine e che, per poter essere comprese, richiedono di procedere ben oltre i limiti temporali indicati in delibera.Ci si chiede se, in tali ipotesi, occorra convocare una nuova assemblea per ridefinire il periodo di indagine oppure procedere ugualmente alla rendicontazione e, ancora, se l'assemblea ed il revisore, in sede di nomina, possano pattuire una maggiorazione del compenso qualora si rende necessaria la verifica di altre annualità.
Un aspetto importante riguarda la determinazione e ripartizione del compenso spettante al revisore per l'espletamento dell'incarico. Su punto, il nuovo art. 1130-bis dispone espressamente che “la deliberazione è assunta con la maggioranza prevista per la nomina dell'amministratore e la relativa spesa è ripartita fra tutti i condomini sulla base dei millesimi di proprietà”.
Di regola, quindi, le spese per pagare del professionista vanno ripartite tra tutti i condomini, compresi coloro che hanno votato contro la nomina del revisore.
Oltre alla nomina assembleare, la revisione può essere anche disposta dall'autorità giudiziaria, ad esempio in caso di impugnazione della delibera di approvazione del bilancio oppure, in sede penale, in caso di appropriazioni indebite di denaro contestate all'amministratore. In questo caso, siamo davanti ad una fattispecie diversa rispetto a quella disciplinata dall'art. 1130-bis c.c.
In effetti, il revisore nominato dall'assemblea di condomini non deve possedere particolari requisiti e/o competenze professionali (anche se è preferibile affidarsi ad un professionista in possesso delle necessarie competenze tecnico-contabili).
Inoltre, il revisore condominiale, di norma, deve limitarsi ad un controllo di congruità e fondatezza dei bilanci già in essere, mentre potrà spingersi ad un controllo anche di legittimità solo in caso di bilanci inesistenti o non ancora approvati.Il consulente tecnico nominato d'ufficio dal Giudice, invece, è sempre un professionista iscritto all'albo dei consulenti tecnici del tribunale o, comunque, dotato di certificate competenze in materia.
In questo caso la revisione è finalizzata a fornire una risposta ai quesiti formulati dallo stesso Giudice in sede di conferimento dell'incarico.
Per conseguire tale obiettivo, il C.T.U. è abilitato a procedere a tutte le opportune verifiche contabili, anche di legittimità.
Fonte: https://www.condominioweb.com/guida-al-revisore-condominiale.12217