La videosorveglianza in condominio è una soluzione che sempre più amministratori e singoli condòmini adottano per la tutela della sicurezza.
L'installazione di telecamere deve tuttavia effettuarsi con estrema cura per evitare che la privacy altrui venga violata.
E così, se è pacifico che non si può mai installare una telecamera che punta dritto verso la finestra o la porta d'ingresso di un appartamento privato, è altrettanto illecito, per il singolo proprietario, installare un impianto di videosorveglianza che punti sulle parti comuni senza che vi sia una stretta necessità.
Nel prosieguo dell'articolo analizzeremo le sentenze in materia di telecamere in condominio, prendendo le mosse da una premessa generale che spieghi, seppur brevemente, i fondamentali principi in tema di installazione di impianti di videosorveglianza e privacy.
Videosorveglianza: quando viola la privacy?
Quali regole devono essere osservate affinché un impianto di videosorveglianza non violi la privacy altrui?
La regola generale per la corretta installazione delle telecamere (in qualunque contesto) è che esse non riprendano luoghi di privata dimora o, comunque, aree che sono sottratte alla vista degli altri.
Ad esempio, non sarebbe legale il sistema di videosorveglianza che, oltre a riprendere il proprio portone d'ingresso, inquadri anche quello del vicino.
Secondo la giurisprudenza (Tribunale di Vicenza, sentenza 18 ottobre 2019), la sicurezza della proprietà privata ben può realizzarsi con un sistema di sorveglianza che si limiti ad inquadrare le sole aree in proprietà esclusiva di colui che lo colloca, ed escluda pertanto la ripresa di aree condominiali (in assenza di delibera condominiale) e di aree in altrui proprietà.
Inoltre, «l'installazione e il trattamento dei dati devono avvenire nel rispetto degli adempimenti indicati dalla legge e, in particolare, dal Garante della Privacy. Al singolo condomino è, invece, consentito installare le telecamere per uso privato nell'ambito delle aree di sua esclusiva proprietà e relative pertinenze».
In linea di massima, dunque, non è possibile filmare un luogo privato, cioè un ambiente non accessibile a tutti, come una casa, un ufficio o altra proprietà privata. In queste ipotesi, la condotta consistente nel filmare un luogo privato costituisce reato di interferenze illecite nella vita privata, punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.
Per la precisione, l'art. 615-bis del codice penale afferma che chi, mediante l'uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita che si svolge nei luoghi di privata dimora. Alla stessa pena soggiace chi rivela o diffonde, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, le notizie o le immagini ottenute nei modi indicati.
Quindi, se il sistema di videosorveglianza punta le telecamere verso la finestra del vicino ed è in grado di vedere cosa accade all'interno, c'è il serio rischio di commettere un delitto.
Videosorveglianza privata in condominio: come funziona?
La regola generale sopra descritta, e cioè che la videosorveglianza è legittima solamente quando si limita a riprendere aree di proprietà del titolare delle telecamere e non quelle altrui, vale in linea generale anche per la videosorveglianza privata in condominio.
Una necessaria premessa: per installare un sistema di videosorveglianza riguardante la propria abitazione non è richiesto il consenso dell'assemblea o dell'amministratore, al contrario di un sistema di videosorveglianza di tipo condominiale, cioè che va a beneficio dell'intero edificio.
Secondo la Corte di Cassazione (sent. n. 24151/2017), nell'ambito di un sistema di videosorveglianza privata, è possibile riprendere le aree condominiali solo quando ciò sia direttamente funzionale e indispensabile alla tutela del proprio alloggio.
Questo non significa, però, che si sia liberi di mettere sotto controllo ogni area comune: anche nel caso del pianerottolo di fronte alla propria porta d'ingresso, la videosorveglianza sarà legittima se inquadra la porzione strettamente indispensabile a tutelare la sicurezza della propria abitazione.
La giurisprudenza di merito sembra essere particolarmente restrittiva. Secondo il Tribunale di Napoli (sent. n. 4446/2018), ove un singolo condomino installi impianto di videosorveglianza a tutela della sua proprietà esclusiva, «l'angolo visuale delle riprese deve essere limitato ai soli spazi di propria esclusiva pertinenza, ad esempio quelli antistanti l'accesso alla propria abitazione, escludendosi ogni forma di ripresa, anche senza registrazione, di immagini relative ad aree comuni (cortili, pianerottoli, scale, garage comuni) o antistanti l'abitazione di altri condomini».
Allo stesso modo, Il Tribunale di Catania (sentenza n. 466 del 31 gennaio 2018) ha condannato l'installazione di telecamere in grado di riprendere anche l'ingresso e le finestre del bagno e della cucina di proprietà del dirimpettaio.
Insomma: il singolo proprietario che voglia installare un sistema di videosorveglianza in condominio per tutelare la propria abitazione non può:
- riprendere la proprietà privata altrui;
- riprendere le parti comuni condominiali (cortile, androne, scale, ecc.), a meno che non sia strettamente indispensabile per la propria sicurezza.
Videosorveglianza condominiale: regole
Veniamo ora al sistema di videosorveglianza deliberato dall'assemblea, cioè voluto dall'intera compagine per la sicurezza dell'edificio.
Nel caso in cui il sistema di videosorveglianza sia installato dal condominio per controllare le aree comuni, devono innanzitutto essere adottate tutte le misure e le precauzioni previste dal codice della privacy.
Tra gli obblighi che valgono anche in ambito condominiale vi è quello di segnalare le telecamere con appositi cartelli. Le registrazioni possono essere conservate per un periodo limitato tendenzialmente non superiore alle 24-48 ore, anche in relazione a specifiche esigenze come alla chiusura di esercizi e uffici che hanno sede nel condominio o a periodi di festività.
Per tempi di conservazione superiori ai sette giorni è comunque necessario presentare una verifica preliminare al garante.
Le telecamere devono riprendere solo le aree comuni da controllare (cortile, androne, ecc.), possibilmente evitando la ripresa di luoghi circostanti e di particolari che non risultino rilevanti (strade, edifici, esercizi commerciali ecc.).
I dati raccolti (riprese, immagini) devono essere protetti con idonee e preventive misure di sicurezza che ne consentano l'accesso alle sole persone autorizzate (titolare, responsabile o incaricato del trattamento).
Secondo la Corte di Cassazione (sent. n. 38230/2018), il sistema di videosorveglianza condominiale può tranquillamente riprendere le scale di un condominio e i pianerottoli delle scale condominiali, in quanto queste ultime «non assolvono alla funzione di consentire l'esplicazione della vita privata al riparo da sguardi indiscreti, perché sono, in realtà, destinati all'uso di un numero indeterminato di soggetti e di conseguenza la tutela penalistica di cui all'art. 615-bis c.p. non si estende alle immagini eventualmente ivi riprese».
Insomma: mentre le telecamere private in condominio possono riprendere solo la proprietà del singolo condomino che ha voluto l'installazione (salvo che non vi siano comprovate ragioni che giustifichino anche la ripresa di qualche parte comune), la videosorveglianza installata per volere assembleare può tranquillamente puntare i propri "occhi" sulle aree condominiali.
Telecamere in condominio: quale maggioranza?
Per approvare l'installazione di un sistema d videosorveglianza condominiale, l'assemblea deve deliberare con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio.
E infatti, come ha ricordato anche la giurisprudenza (Tribunale di Vicenza, sentenza 18 ottobre 2019), «in materia di condominio (…) l'art. 1122 ter c.c. stabilisce che "le deliberazioni concernenti l'installazione sulle parti comuni dell'edificio di impianti volti a consentire la videosorveglianza su di esse sono approvate dall'assemblea" con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio (art. 1136, comma 2, c.c.)».
Riprese condominiali: possono essere usate in sede penale?
Secondo la Suprema Corte (sentenza 15 luglio 2020, n. 21027), le riprese prodotte in giudizio, seppur provenienti da un sistema di videosorveglianza privato, se riguardano parti di proprietà comune dell'edificio, sono pienamente utilizzabili in giudizio.
Secondo la Corte di Cassazione, sono legittime le immagini registrate che derivano da videoregistrazioni provenienti da privati, installate a fronte di esigenze di sicurezza delle parti comuni, poi acquisite come prove documentali ex art. 234 c.p.p. Sicché, i fotogrammi estrapolati da detti filmati non possono essere considerati prove illegittimamente acquisite e non ricadono nella sanzione processuale di inutilizzabilità.
Videoriprese per dimostrare i reati condominiali
Secondo la Corte di Cassazione (sent. n. 32544 del 19 novembre 2020), per dimostrare la commissione di reati in condominio le registrazioni delle aree comuni possono essere utilizzate nel processo.
Secondo i giudici, le registrazioni video e audio effettuate tramite telecamere poste per esigenze di sicurezza delle parti comuni di edifici condominiali, pur non essendo registrazioni effettuate dalla polizia giudiziaria e non potendo essere assimilate alle intercettazioni, possono comunque essere utilizzate come elemento probatorio nel processo penale.
Insomma: non ci sono dubbi che siano utilizzabili in sede penale le riprese delle videocamere condominiali, purché ovviamente siano rispettose dell'inviolabilità della proprietà privata.
Fonte: https://www.condominioweb.com/installazione-impianto-di-videosorveglianza-in-condominio-privacy-regole-sentenze.18002